L'intelligenza artificiale (AI) continua a essere il tema dominante nel mondo degli affari. Tuttavia, nonostante gli ingenti investimenti e l'entusiasmo iniziale, molte aziende non sono pronte come pensavano di essere per adottare e integrare appieno l'AI. Questo è quanto emerge dal Cisco AI Readiness Index 2024, un'indagine che valuta la prontezza delle organizzazioni ad adottare l'AI attraverso sei pilastri chiave: Strategia, Infrastruttura, Dati, Governance, Talento e Cultura. L'indagine coinvolge quasi 8.000 leader aziendali a livello globale e offre uno spaccato realistico delle sfide che le aziende devono affrontare.
Panoramica dei risultati
Il Cisco AI Readiness Index 2024 rivela una situazione complessa: meno di un'azienda su sette viene classificata come "Pacesetter" (leader nell'adozione dell'AI), in diminuzione rispetto all'anno precedente. Le aziende vengono suddivise in quattro livelli di prontezza: Pacesetters (leader assoluti), Chasers (moderatamente preparati), Followers (con preparazione limitata) e Laggards (poco preparati). Le percentuali dei Pacesetters sono scese al 13%, mentre i Followers sono il gruppo più numeroso, rappresentando il 51% del totale.
Un altro dato significativo riguarda i livelli di investimento. Circa il 50% delle aziende ha dichiarato di destinare tra il 10% e il 30% del proprio budget IT all'AI, evidenziando un forte impegno finanziario nonostante le sfide. Tuttavia, quasi il 50% dei rispondenti afferma di non aver visto i risultati attesi dagli investimenti in AI, segnalando che molti progetti non hanno prodotto miglioramenti tangibili in termini di efficienza o automazione.
Inoltre, è emerso che solo il 38% delle aziende dispone di metriche chiaramente definite per misurare l'impatto delle iniziative AI, suggerendo che la mancanza di processi di valutazione adeguati possa contribuire alla percezione di risultati deludenti.
Il 59% delle aziende intervistate ha affermato che ha un massimo di un anno per implementare la propria strategia di AI, altrimenti rischia di perdere il vantaggio competitivo. Questo dato sottolinea l'urgenza percepita di accelerare l'adozione dell'AI, nonostante le difficoltà incontrate.
Anche il supporto del top management è in calo: solo il 66% dei consigli di amministrazione e il 75% dei team dirigenziali si dichiara favorevole, percentuali in diminuzione rispetto all'82% dello scorso anno. La pressione per adottare l'AI proviene principalmente dai livelli più alti, con il 50% delle aziende che cita il CEO e il suo team come principali promotori dell'adozione dell'AI.
Sei pilastri dell’adozione dell'AI aziendale
1. Strategia
La strategia è il pilastro con il livello più alto di prontezza, con il 76% delle aziende classificate come Pacesetters o Chasers. Quasi tutte le organizzazioni (95%) dichiarano di avere una strategia per l'AI ben definita o in fase di sviluppo. La priorità principale per l'adozione dell'AI è la cybersecurity, con il 42% delle aziende che ha già implementato avanzati sistemi di protezione. Inoltre, il 27% delle aziende indica che l'AI rappresenta una priorità assoluta per l'allocazione del budget, senza variazioni significative rispetto allo scorso anno. La volontà di investire è una delle caratteristiche che distingue i Pacesetters dalle altre aziende.
2. Infrastruttura
La prontezza dell'infrastruttura è diminuita leggermente rispetto allo scorso anno. Il 68% dei rispondenti afferma che la propria infrastruttura è solo moderatamente pronta per adottare tecnologie AI. Le sfide principali includono la mancanza di potenza di calcolo adeguata e la limitata scalabilità e flessibilità delle infrastrutture esistenti, con il 54% delle aziende che dichiara problemi in questo ambito. Inoltre, il 78% non ha fiducia nella disponibilità di risorse di calcolo sufficienti per supportare i carichi di lavoro AI. L'aumento della richiesta di unità di elaborazione grafica (GPU) è un altro aspetto rilevante, con il 79% delle aziende che richiede ulteriori GPU per sostenere i carichi di lavoro futuri.
3. Dati
I dati sono fondamentali per il successo dell'AI, ma meno di un terzo (32%) delle organizzazioni si sente realmente pronta da questo punto di vista. Le principali difficoltà riguardano la frammentazione dei dati, la cui accessibilità è ancora problematica per l'82% delle aziende. Anche l'integrazione degli strumenti di analisi con le piattaforme AI rappresenta un ostacolo significativo, con il 73% delle aziende che segnala difficoltà in quest'area. Un ulteriore 64% ha dichiarato di avere margini di miglioramento nel tracciare l'origine dei dati, mentre l'80% delle aziende continua a riscontrare problemi nella preelaborazione e pulizia dei dati per i progetti AI.
4. Governance
La prontezza nella governance è diminuita quest'anno, anche a causa dell'evoluzione del panorama normativo globale sull'AI. Solo il 35% delle organizzazioni afferma di avere una buona comprensione degli standard globali sulla privacy dei dati. Inoltre, solo il 29% dispone di controlli regolari per monitorare e correggere eventuali bias nei dati utilizzati dall'AI. La mancanza di competenze in materia di governance, legge ed etica è stata segnalata dal 51% delle organizzazioni come una delle principali barriere per migliorare la propria prontezza in ambito governance.
5. Talento
La mancanza di talento è una delle principali barriere all'adozione dell'AI. Solo il 31% delle aziende dichiara di avere talenti con un alto livello di preparazione per l'AI. Per affrontare questa sfida, il 40% delle organizzazioni sta investendo nella formazione del personale esistente, mentre il 56% si affida a contratti con fornitori esterni per colmare le lacune. In aggiunta, il 45% delle aziende ha indicato la carenza di talenti con competenze adeguate come uno dei principali ostacoli. Inoltre, il 48% degli intervistati ha sottolineato che la crescente competizione per attrarre professionisti qualificati rappresenta un fattore che contribuisce all’aumento dei costi.
6. Cultura
La cultura aziendale è forse il pilastro più complesso da affrontare. Solo il 9% delle aziende rientra nella categoria dei Pacesetters per quanto riguarda la prontezza culturale, mentre il numero dei Chasers è diminuito dal 40% al 31%. Le resistenze culturali sono evidenti, con il 30% delle aziende che segnala una resistenza all'adozione dell'AI da parte dei dipendenti. Inoltre, la ricettività dei consigli di amministrazione è diminuita dal 82% al 66%, indicando un calo significativo nell'entusiasmo verso l'adozione dell'AI ai livelli più alti. Anche il supporto dei team di leadership è sceso al 75%, segnalando una maggiore difficoltà nell'ottenere un impegno diffuso all'interno delle organizzazioni.
Sfide e raccomandazioni in Italia
La situazione italiana presenta delle peculiarità rispetto al resto del panorama globale analizzato dal Cisco AI Readiness Index 2024. In Italia, il livello di prontezza delle aziende per l'adozione dell'AI appare ancora più disomogeneo, con una concentrazione significativa di organizzazioni che rientrano nella categoria dei "Followers" o "Laggards". Infatti, solo il 10% delle aziende italiane è classificato come "Pacesetter", ben al di sotto della media globale del 13%. Questo dato riflette una lenta progressione nell'adottare le tecnologie AI, complice anche la scarsa digitalizzazione e il ritardo nella modernizzazione infrastrutturale che caratterizza molte realtà italiane.
Infatti, per quanto riguarda le infrastrutture, l'Italia registra una carenza ancora più marcata in termini di disponibilità di risorse di calcolo e scalabilità. Il 63% delle aziende italiane segnala difficoltà significative nel garantire la disponibilità di GPU e altre risorse di calcolo necessarie per supportare i carichi di lavoro AI, e il 70% afferma che la propria infrastruttura non è sufficientemente flessibile per adattarsi alle esigenze crescenti. Questo aspetto limita fortemente la capacità delle imprese di competere su scala internazionale, dove le infrastrutture pronte per l'AI sono considerate un requisito fondamentale per accelerare l'innovazione.
In termini di talento, la mancanza di competenze specifiche è particolarmente acuta in Italia. Solo il 28% delle aziende italiane afferma di disporre di personale adeguatamente formato per l'adozione dell'AI, mentre il 47% si affida a fornitori esterni per colmare le lacune di competenze. Questo dato evidenzia una forte dipendenza da partner esterni, che potrebbe limitare la capacità di sviluppare internamente competenze strategiche e sostenibili nel lungo periodo. Per risolvere questa situazione, il 35% delle aziende italiane ha iniziato a investire in programmi di formazione e reskilling del personale, ma la portata di questi sforzi rimane ancora limitata rispetto alle reali necessità.
La governance dell'AI in Italia risulta anch'essa debole, soprattutto in relazione alla conformità con le normative europee emergenti. Solo il 30% delle aziende italiane dichiara di avere una buona comprensione degli standard di privacy e sicurezza dei dati imposti dal GDPR e dalle normative più recenti come l'AI Act dell'Unione Europea. Questo dato mette le aziende italiane in una posizione di vulnerabilità nel garantire la conformità ai requisiti legali, con il rischio di incorrere in sanzioni o di non poter sfruttare appieno le opportunità offerte dall'AI a causa di vincoli normativi.
Per affrontare queste sfide, le raccomandazioni per le aziende italiane includono un maggiore focus sull'aggiornamento infrastrutturale e sull'adozione di soluzioni cloud scalabili che possano offrire una capacità di calcolo adeguata senza necessità di ingenti investimenti iniziali. Inoltre, è fondamentale incentivare la collaborazione tra aziende, università e centri di ricerca per favorire lo sviluppo di competenze locali nell'ambito dell'AI, riducendo la dipendenza da fornitori esterni. Infine, una maggiore attenzione alla governance e alla conformità normativa può aiutare le imprese italiane a migliorare la propria prontezza, assicurando che l'adozione dell'AI avvenga in modo responsabile e in linea con gli standard europei.
Promuovere una cultura dell'innovazione è un ulteriore passo cruciale per l'Italia. Molte aziende italiane mostrano ancora una certa resistenza culturale all'adozione dell'AI, spesso vista come una minaccia piuttosto che un'opportunità. Incentivare l'uso sperimentale dell'AI, fornendo supporto formativo e promuovendo storie di successo interne, potrebbe contribuire a ridurre queste resistenze e a creare un contesto più favorevole all'innovazione tecnologica.
Conclusioni
L'adozione dell'intelligenza artificiale (AI) nelle aziende italiane riflette un panorama in cui la complessità delle sfide si intreccia con l'urgenza di trasformazione. Dall'analisi del Cisco AI Readiness Index 2024 emerge chiaramente come molte organizzazioni si trovino in una fase di stallo, dove l'entusiasmo iniziale si è scontrato con la dura realtà della preparazione infrastrutturale, culturale e strategica. Tuttavia, nonostante il ritardo digitale rispetto al panorama industrializzato mondiale, l’Italia dispone di un patrimonio unico: le competenze delle maestranze e dell’imprenditoria diffusa, soprattutto nelle microimprese e PMI, che rappresentano un'eccellenza competitiva a livello globale. Questo elemento deve diventare il cuore di una strategia nazionale che trasformi l’avvento dell’AI in un’opportunità di digitalizzazione delle competenze distintive del Paese, creando un’AI capace di differenziare l’Italia nel contesto industriale e manifatturiero globale.
In primo luogo, il dato che solo il 10% delle aziende italiane è classificato come "Pacesetter" evidenzia un problema di visione strategica e investimento sistemico. Questo non può essere letto unicamente come mancanza di risorse, ma piuttosto come una fragilità nella capacità di pensare a lungo termine in un contesto globale. L'AI offre l'opportunità di valorizzare e amplificare le competenze artigianali e specialistiche tipiche dell’Italia, creando un ecosistema tecnologico che rifletta le eccellenze locali. In quest’ottica, il modello italiano potrebbe emergere non come emulazione delle grandi economie digitali, ma come una reinterpretazione in chiave innovativa e distintiva.
La governance dell'AI in Italia pone un problema di compliance con le normative europee, ma soprattutto di gestione etica e responsabile delle tecnologie emergenti. Solo il 30% delle aziende italiane dichiara di comprendere pienamente gli standard di privacy e sicurezza. Questo dato è più di una lacuna tecnica; è una mancata opportunità per le aziende di posizionarsi come leader in uno scenario normativo sempre più regolamentato. Integrare le competenze giuridiche e culturali delle PMI italiane nell'AI governance potrebbe rappresentare un elemento distintivo e un vantaggio competitivo. L’approccio etico e su misura, caratteristico del “made in Italy”, può diventare il marchio di qualità anche in ambito tecnologico.
Un tema particolarmente delicato è quello del talento. La dipendenza da fornitori esterni e la scarsa disponibilità di competenze specifiche nel mercato italiano riflettono una crisi strutturale che richiede soluzioni innovative. Non basta investire in formazione: è necessario digitalizzare e capitalizzare le capacità uniche delle maestranze italiane, adattandole ai paradigmi dell’AI. Il modello italiano delle filiere produttive, basato su una profonda conoscenza specialistica e su una flessibilità operativa senza eguali, potrebbe essere amplificato dall’introduzione dell’AI, rendendo l'Italia un hub globale di innovazione industriale e artigianale.
Anche il problema culturale, spesso attribuito a resistenze interne, deve essere ripensato. La percezione dell’AI come minaccia deve essere ribaltata, comunicandola come un’opportunità per preservare e potenziare l’identità produttiva e culturale del Paese. I leader aziendali devono agire non solo come promotori tecnologici, ma come custodi di una trasformazione che coniughi tradizione e innovazione. Un approccio che metta al centro le persone e il loro know-how potrebbe generare una cultura aziendale dove l’AI diventa strumento per elevare il valore umano.
In sintesi, l’Italia può trasformare il ritardo digitale in un’opportunità unica, costruendo un modello di AI che non solo digitalizza ma esalta le competenze distintive delle sue imprese. Non si tratta di rincorrere il modello dei giganti tecnologici, ma di creare una visione alternativa dove la tecnologia serve a valorizzare ciò che rende l’Italia unica. Questo approccio potrebbe non solo colmare il divario con le economie più avanzate, ma posizionare l’Italia come punto di riferimento per un’AI che integra tradizione, innovazione e responsabilità.
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