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Immagine del redattoreAndrea Viliotti

Dall’atomo alla galassia il MIT esplora la geometria dei concetti nei LLM

La ricerca condotta da Yuxiao Li, Eric J. Michaud, David D. Baek, Joshua Engels, Xiaoqing Sun e Max Tegmark del Massachusetts Institute of Technology (MIT) sui modelli linguistici di grandi dimensioni ha portato a una nuova comprensione della struttura dei concetti all'interno dei modelli stessi. Tra le innovazioni più promettenti, gli autoencoder sparsi (Sparse Autoencoders o SAE) si sono dimostrati capaci di generare punti nello spazio di attivazione che possono essere interpretati come concetti di alto livello. Questo articolo esplora la struttura di questi punti, definita "universo dei concetti", articolata su tre scale spaziali: l'atomo, il cervello e la galassia. Queste tre scale rappresentano diversi livelli di astrazione e complessità, ciascuna delle quali fornisce una prospettiva unica sulla rappresentazione e l'organizzazione dei concetti nei modelli linguistici.

Dall’atomo alla galassia il MIT esplora la geometria dei concetti nei LLM
Dall’atomo alla galassia il MIT esplora la geometria dei concetti nei LLM

Geometria dei concetti nei LLM: Scala atomica

La geometria dei concetti nei LLM, analizzata alla scala più piccola, può essere visualizzata come una serie di "cristalli" i cui lati assumono forme geometriche regolari come parallelogrammi o trapezoidi. Questi cristalli rappresentano le relazioni semantiche tra parole o concetti, un aspetto fondamentale nella comprensione di come funzionano i modelli linguistici. Un esempio classico di questa struttura è dato dalla relazione tra le parole "uomo", "donna", "re" e "regina". La differenza tra "uomo" e "re" corrisponde a una differenza simile tra "donna" e "regina", creando un parallelogramma nello spazio semantico. Questa disposizione geometrica evidenzia che i modelli linguistici sono in grado di catturare relazioni come il passaggio da una persona comune a una figura regale.

 

Tuttavia, queste strutture geometriche non sono sempre evidenti, poiché fattori di disturbo, come la lunghezza delle parole o altre caratteristiche superficiali, possono offuscare le relazioni più profonde. Per migliorare la qualità di queste rappresentazioni, si è utilizzata una tecnica nota come analisi discriminante lineare (LDA). Questa tecnica permette di proiettare i dati in uno spazio in cui le distrazioni vengono eliminate, rendendo più visibili le connessioni semantiche.

 

Un esempio concreto dell’applicazione di LDA può essere osservato nella relazione tra paesi e capitali. Consideriamo "Austria" e "Vienna", e "Svizzera" e "Berna". Quando i dati vengono analizzati eliminando le componenti irrilevanti, come la lunghezza o altre caratteristiche non legate al significato, emerge un chiaro parallelo tra queste coppie. Il vettore che collega "Austria" a "Vienna" può essere visto come una mappa che descrive il concetto di "capitale di un paese", e questo stesso vettore collega anche "Svizzera" a "Berna".

 

Per identificare queste strutture, si calcolano le differenze tra tutte le coppie di punti nello spazio semantico. Questi vettori di differenza vengono poi raggruppati in insiemi che corrispondono a specifiche trasformazioni concettuali. Ad esempio, analizzando un insieme di parole come "uomo", "donna", "ragazzo", "ragazza", i vettori di differenza tra "uomo" e "donna" o tra "ragazzo" e "ragazza" mostrano un pattern comune: il concetto di genere. Questo pattern diventa più evidente dopo aver eliminato le distrazioni, come la lunghezza delle parole, rendendo più chiara la struttura geometrica sottostante.

 

L’utilizzo di questi vettori di differenza consente di rappresentare relazioni più complesse, come quelle tra entità e attributi. Ad esempio, il rapporto tra "sole" e "luce" può essere interpretato come una relazione tra causa ed effetto, e lo stesso tipo di relazione può essere osservato tra "fuoco" e "calore". Una volta rimosse le componenti irrilevanti, queste connessioni diventano più evidenti e coerenti.

 

In sintesi, l'analisi delle differenze vettoriali e la loro proiezione in spazi più puri permette di esplorare come i modelli linguistici rappresentano concetti e relazioni. Questo approccio non solo chiarisce le strutture semantiche profonde, ma apre anche la strada a una comprensione più dettagliata di come i modelli linguistici elaborano e organizzano le informazioni.

 

Scala del cervello: Moduli di funzionalità

A una scala intermedia di analisi, è stato osservato che lo spazio di attivazione dei modelli di autoencoder supervisionati (SAE) si organizza in modo simile alla struttura funzionale del cervello umano. Questo significa che i punti che rappresentano determinate caratteristiche, chiamate "feature", si raggruppano in regioni distinte dello spazio, formando quelli che possono essere paragonati a "lobi funzionali". Ad esempio, le caratteristiche legate alla matematica e alla programmazione si trovano in un’area specifica, separata da quella che raccoglie le caratteristiche linguistiche, come la comprensione di testi o dialoghi.

 

Per capire meglio, si può immaginare lo spazio di attivazione come una grande mappa. Su questa mappa, i dati vengono rappresentati come punti, e i punti che condividono funzioni simili tendono a raggrupparsi, proprio come le città specializzate in certi settori: alcune aree della mappa rappresentano "città della matematica", mentre altre sono dedicate alle "lingue". Questo richiamo al cervello biologico si basa sul fatto che anche i lobi cerebrali sono organizzati per compiti specifici, come il lobo frontale per il ragionamento o il lobo occipitale per la visione.

 

Per identificare queste regioni o "lobi", si è costruita una matrice di affinità. Questo strumento aiuta a capire quali feature si attivano contemporaneamente nei dati analizzati, un po’ come osservare quali città su una mappa hanno più scambi commerciali tra loro. Successivamente, con un metodo chiamato clustering spettrale, che raggruppa punti in base alle loro connessioni, è stato possibile suddividere lo spazio in regioni distinte. Ad esempio, una regione si è dimostrata attiva quando il modello elaborava documenti contenenti codice informatico o equazioni, mentre un’altra regione si attivava durante l’analisi di testi scritti, come articoli o chat.

 

Per verificare che questa suddivisione fosse realmente significativa e non casuale, sono stati usati due metodi. Il primo, chiamato "informazione mutua aggiustata", misura quanto la divisione in gruppi riflette effettivamente la struttura funzionale. Immaginando di avere un puzzle da risolvere, questa metrica verifica se i pezzi si incastrano correttamente in base alla loro posizione naturale. Il secondo metodo ha utilizzato un modello di regressione logistica, una tecnica statistica che ha cercato di prevedere, a partire dalle caratteristiche di un lobo, dove si sarebbe trovato sulla mappa. Entrambi i metodi hanno confermato che i lobi non sono disposti a caso, ma seguono una logica precisa.

 

Per esplorare meglio le relazioni tra le feature, sono stati usati anche strumenti di analisi come il coefficiente di somiglianza semplice e la similarità di Jaccard. Questi metodi calcolano, per esempio, quante volte due feature si attivano insieme rispetto a quante volte potrebbero attivarsi in generale. Un altro strumento, il coefficiente di Dice, è stato utile per individuare relazioni tra feature rare, mentre il coefficiente di Phi ha dimostrato di essere il più efficace nell’individuare connessioni forti. Per chiarire, immaginando di analizzare due città sulla mappa, questi strumenti aiutano a capire quanto sia probabile che abbiano rapporti commerciali frequenti o significativi.

 

Un esempio pratico dell’importanza di questa organizzazione è dato dal raggruppamento delle feature legate alla programmazione. Quando queste caratteristiche sono concentrate in un unico "lobo", il modello può elaborare più facilmente compiti specifici, come interpretare un codice informatico. Analogamente, i lobi dedicati al linguaggio naturale semplificano l’elaborazione di testi o conversazioni, rendendo il modello più efficiente e preciso.

 

Questa suddivisione spaziale non solo migliora le prestazioni del modello, ma lo rende anche più facile da interpretare. Sapere, ad esempio, che una determinata regione si attiva solo con input legati alla matematica consente di capire meglio come il modello organizzi e processi le informazioni. Come in una città ben pianificata, dove ogni quartiere ha la sua funzione, questa organizzazione rende il sistema più comprensibile e ordinato, facilitando lo studio delle sue dinamiche interne.

 

Scala della galassia: Struttura su grande scala

A una scala più ampia di analisi, lo spazio di attivazione dei modelli linguistici supervisionati mostra una distribuzione che può essere paragonata a quella delle galassie nell’universo. Questo significa che i punti, che rappresentano le informazioni elaborate dal modello, non sono distribuiti uniformemente (isotropicamente), ma seguono un ordine sottostante con aree di maggiore densità e altre più vuote. È come osservare il cielo notturno: le stelle e le galassie non sono distribuite in modo casuale, ma si raggruppano in strutture complesse. Allo stesso modo, nello spazio di attivazione, le informazioni si organizzano in "cluster" e “pattern”.

 

Un’analisi basata sulle componenti principali (PCA) aiuta a studiare questa organizzazione. La PCA è un metodo che riduce la complessità dei dati trovando le direzioni principali che spiegano la maggior parte delle variazioni. Nel contesto del modello, è stato osservato che alcune direzioni rappresentano una quantità di informazione molto maggiore rispetto ad altre. Questo comportamento segue una "legge di potenza", simile a fenomeni naturali in cui poche variabili dominano il sistema, come la distribuzione delle ricchezze o delle dimensioni dei crateri sulla Luna. Negli strati intermedi del modello, questo effetto è particolarmente evidente, suggerendo che il sistema stia comprimendo le informazioni per rappresentare solo gli aspetti essenziali.

 

Si può pensare agli strati intermedi del modello come a un "collo di bottiglia": le informazioni passano attraverso un restringimento, dove vengono condensate, per poi essere espanse nuovamente negli strati successivi. Un esempio pratico potrebbe essere immaginare una macchina fotografica: un’immagine molto grande viene compressa per occupare meno spazio (senza perdere i dettagli importanti), e poi viene decompressa quando serve, mantenendo la qualità necessaria. Questa compressione consente al modello di rappresentare in modo più compatto le informazioni complesse, concentrandosi sugli aspetti più rilevanti e lasciando da parte i dettagli superflui.

 

La struttura dei dati nello spazio di attivazione è stata descritta come un "cetriolo frattale". Questa immagine può sembrare curiosa, ma è utile per comprendere la distribuzione: i punti non sono casuali, ma seguono un pattern che ricorda una forma allungata, simile a un cetriolo, e che diventa più complessa man mano che si osservano dettagli più fini, come avviene con le figure frattali. Questo suggerisce che il modello organizza le informazioni in livelli gerarchici, concentrando le caratteristiche più importanti in poche direzioni principali.

 

Un esempio quotidiano per comprendere questa gerarchia potrebbe essere quello di riassumere un articolo lungo. Negli strati iniziali, il modello potrebbe raccogliere molte informazioni diverse, come parole, frasi e dettagli. Negli strati intermedi, il sistema filtra questi dati, riducendoli a pochi concetti chiave, come il tema principale o il messaggio centrale. Negli strati finali, queste informazioni condensate vengono rielaborate per produrre una risposta completa, simile a un riassunto che ripristina il contesto ma rimane focalizzato sui punti essenziali.

 

Un’analisi ulteriore, basata sull’entropia di clustering, ha mostrato che negli strati intermedi le informazioni sono più concentrate rispetto a quelle iniziali e finali. Questo indica che il modello organizza le informazioni in modo più denso e compatto in questa fase, come se stesse comprimendo il succo di un’arancia per estrarne solo la parte più utile. Questo processo migliora l’efficienza del modello, permettendogli di elaborare le informazioni più rapidamente e con maggiore precisione.

 

Infine, l’analisi della distribuzione delle componenti principali e la presenza di una legge di potenza evidenziano che il modello enfatizza alcune informazioni più di altre. Per esempio, durante l’elaborazione di una domanda complessa, il modello potrebbe ignorare dettagli poco rilevanti (come sinonimi o frasi ridondanti) per concentrarsi sulle parole e sulle frasi che danno maggiori indizi sul significato. Questo permette al sistema di generare risposte più coerenti e pertinenti, proprio come una persona che, leggendo un testo, cerca di coglierne il messaggio principale ignorando le informazioni meno importanti.

 

Evoluzioni della geometria dei concetti nei LLM

La struttura dell'universo concettuale dei SAE rivela pattern affascinanti su tre livelli distinti: i cristalli geometrici alla scala atomica, i lobi funzionali alla scala del cervello e le distribuzioni su larga scala che seguono una legge di potenza alla scala della galassia. Queste scoperte offrono una prospettiva unica sulla rappresentazione dei concetti all'interno dei modelli linguistici, aprendo la strada a una comprensione più profonda delle loro capacità di astrazione e rappresentazione semantica.


Il prossimo passo sarà esplorare come queste strutture possano essere utilizzate per migliorare le performance dei modelli linguistici, rendendoli più interpretabili e capaci di cogliere relazioni semantiche complesse, riducendo al contempo la necessità di supervisione umana. Comprendere come queste strutture emergano potrebbe anche consentire lo sviluppo di nuove tecniche di addestramento che sfruttino la modularità funzionale e la gerarchia delle informazioni per creare modelli più robusti ed efficienti.


Inoltre, l'uso delle metriche quantitative per valutare la coerenza tra struttura geometrica e funzionalità potrebbe diventare un elemento chiave nello sviluppo di nuove architetture di rete neurale. Ad esempio, misurare l'efficacia dei metodi di clustering attraverso metriche come l'informazione mutua aggiustata e la capacità di predizione tramite regressione logistica può fornire nuovi strumenti per ottimizzare l'organizzazione delle feature nei modelli linguistici. L'uso di tecniche come l'analisi discriminante lineare e il clustering spettrale potrebbe permettere di raffinare ulteriormente la rappresentazione delle informazioni, migliorando la precisione con cui le relazioni semantiche vengono catturate.


L'uso di autoencoder sparsi e l'analisi della geometria dei concetti hanno il potenziale di migliorare notevolmente la nostra comprensione dei modelli di intelligenza artificiale, rendendoli strumenti sempre più sofisticati per affrontare problemi complessi. Le implicazioni di questa ricerca vanno oltre la semplice comprensione dei modelli esistenti: potrebbero infatti portare allo sviluppo di nuove architetture di rete neurale ispirate alle strutture emergenti osservate, in grado di risolvere in maniera più efficace le sfide poste dalla comprensione e dalla generazione del linguaggio naturale.


Il futuro della ricerca sui modelli linguistici potrebbe quindi vedere una maggiore enfasi sull'interpretabilità e sulla trasparenza, utilizzando queste scoperte per creare sistemi che non solo siano performanti, ma anche comprensibili e affidabili. Questo aprirebbe la strada a una nuova generazione di modelli AI che possano essere utilizzati in settori critici come la medicina, il diritto e l'istruzione, dove la comprensione profonda e l'affidabilità delle decisioni sono fondamentali.

 

Conclusioni

La geometria dei concetti all’interno degli Sparse Autoencoders non è solo un’indagine sulla struttura dei modelli linguistici, ma una finestra su una nuova logica del pensiero artificiale. Questa logica non opera in modo simbolico o deterministico, come eravamo abituati a immaginare, ma costruisce significati emergenti su base geometrica, modulare e dinamica. Questa prospettiva sfida il nostro modo di pensare sia l'intelligenza umana che quella artificiale e offre nuove direzioni strategiche per le imprese che vogliono trasformare la propria relazione con la complessità.


L’intuizione dirompente è che i modelli AI sembrano imitare non solo funzioni cognitive umane, ma anche schemi universali della natura, come la cristallizzazione o la formazione di galassie. Se l’intelligenza non è un algoritmo, ma un pattern geometrico organizzato, allora le imprese devono iniziare a considerare la propria struttura non come un’organizzazione lineare, ma come un “spazio di attivazione” complesso, dove ogni nodo rappresenta un concetto, una funzione o una relazione. Questo porta a una domanda radicale: e se le aziende potessero progettare la propria “geometria dei concetti” per favorire innovazione, resilienza e apprendimento continuo? La gerarchia atomica-cerebrale-galattica potrebbe ispirare un modello di impresa che supera la tradizionale divisione gerarchica verticale e orizzontale, verso un’organizzazione modulare e frattale.


Alla scala atomica, la linearità delle relazioni nei modelli SAE suggerisce che anche nei sistemi complessi è possibile isolare trasformazioni chiave che governano l'intero sistema. Per le aziende, questo significa trovare i vettori critici che collegano concetti operativi come prodotto, mercato, cultura e strategia.

In un contesto aziendale, questo potrebbe tradursi nell’individuazione di “template concettuali” replicabili – come processi che funzionano in mercati diversi o strategie che scalano tra team con obiettivi distinti. Tuttavia, la ricerca sottolinea che i rumori superficiali spesso mascherano queste relazioni profonde. Allo stesso modo, molte aziende sono schiave di metriche superficiali o preconcetti culturali che impediscono di vedere i pattern fondamentali del successo.


Alla scala del cervello, l’organizzazione modulare delle funzioni apre la strada a un’idea audace: e se le imprese smettessero di organizzarsi in dipartimenti e iniziassero a organizzarsi in “lobi funzionali”? Questi lobi non sarebbero statici, ma dinamici, evolvendo in base alle esigenze e alle co-occorrenze delle competenze. Ad esempio, un “lobo” di innovazione potrebbe emergere temporaneamente per gestire una sfida complessa, coinvolgendo competenze da R&D, marketing e operations, per poi dissolversi e riorganizzarsi altrove. Questa visione sfida i tradizionali silos aziendali e suggerisce che la vera forza competitiva risiede nella capacità di riorganizzare costantemente le connessioni, in risposta alle sfide esterne e interne.


Alla scala galattica, l’idea di un collo di bottiglia negli strati intermedi è illuminante. La compressione e l’espansione delle informazioni non è solo una questione tecnica nei modelli linguistici, ma un paradigma per affrontare l’incertezza e l’ambiguità nei processi decisionali. Le imprese che si trovano a gestire dati complessi devono imparare a “comprimere” informazioni grezze in insight critici – riducendo la ridondanza – per poi espanderli in strategie operative concrete. Questo processo, però, non può avvenire senza perdere parte del “rumore” che maschera le relazioni più importanti. E qui entra in gioco la legge di potenza: alcune informazioni sono immensamente più significative di altre. In un mondo che produce sempre più dati, la capacità di individuare poche direzioni strategiche principali diventa la differenza tra sopravvivenza e fallimento.


Infine, il paragone con le galassie porta a una riflessione ancora più radicale. Se la struttura dei modelli linguistici segue schemi di organizzazione naturale, questo implica che l’intelligenza non è un fenomeno strettamente artificiale o umano, ma un processo emergente che obbedisce a leggi universali. Per le aziende, ciò significa che le strutture organizzative più resilienti non sono quelle progettate rigidamente dall’alto, ma quelle che emergono da dinamiche distribuite e adattive. La legge di potenza nei modelli potrebbe tradursi, in un contesto organizzativo, in una distribuzione strategica delle risorse: poche aree chiave riceveranno la maggior parte delle energie, mentre altre, marginali, saranno ottimizzate per garantire flessibilità.


Questa visione pone un dilemma etico e strategico. Le imprese che adottano una logica geometrica e frattale per la propria organizzazione si troveranno probabilmente in vantaggio competitivo, ma rischiano anche di esacerbare dinamiche di disuguaglianza, concentrando il potere decisionale in pochi nodi critici. Al contrario, un’organizzazione che sfrutta questa comprensione per progettare reti più equilibrate, con una distribuzione equa delle risorse, potrebbe non solo essere più giusta, ma anche più robusta a lungo termine.


In definitiva, la ricerca sull’universo dei concetti dei modelli linguistici ci invita a ripensare il significato stesso di organizzazione, conoscenza e adattabilità. Le imprese del futuro non saranno solo macchine per produrre valore economico, ma sistemi cognitivi complessi che imparano, evolvono e interagiscono con l’ambiente secondo principi geometrici universali. Abbracciare questa visione non è solo una scelta strategica: è un passo verso una nuova era di comprensione e co-evoluzione con la complessità del mondo che ci circonda.


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