“Top tech trends of 2025: AI-powered everything” è la ricerca realizzata dal Capgemini Research Institute con la collaborazione di un team guidato da Pascal Brier. Coinvolge Capgemini e altre istituzioni internazionali, con l’obiettivo di evidenziare come l’intelligenza artificiale e i suoi sviluppi possano trasformare i settori industriali e finanziari. L’indagine si concentra su trend strategici per il 2025, analizzando l’adozione di AI generativa nelle difese informatiche, la robotica avanzata, la riscoperta dell’energia nucleare e la nuova generazione di supply chain. Spunti fondamentali emergono per dirigenti, imprenditori e tecnici interessati a come investire e gestire al meglio risorse e processi.

AI generativa: nuovi scenari e applicazioni pratiche
La ricerca introduce una prospettiva che mette in luce quanto l’AI generativa e la trasformazione industriale stiano influenzando qualsiasi aspetto del contesto aziendale e industriale. Con il termine AI generativa si intende una modalità capace di creare contenuti originali, testi o immagini, a partire da grandi modelli di linguaggio o da reti neurali profonde. Nella ricerca è emerso che questo fenomeno si sta espandendo in modo capillare, grazie ai progressi nel calcolo distribuito e alle iniziative di molte imprese tecnologiche che stanno cercando di consolidare la propria posizione di leadership. Un aspetto cruciale è la spinta alla specializzazione delle piattaforme AI, che si manifesta nell’emergere di agenti autonomi capaci di gestire task estesi in modo indipendente. Un numero significativo di investitori e dirigenti (70% fra i primi, 85% fra i secondi, in alcuni domini specifici di AI e dati) prevede di destinare parte del budget allo sviluppo di agenti che svolgono analisi, acquisiscono informazioni dal web e compiono azioni complesse senza ulteriore guida umana.
Queste soluzioni innovative, parte integrante di l’AI generativa e della trasformazione industriale, vengono abilitate dall’esplosione delle cosiddette architetture multimodali, capaci di elaborare simultaneamente testi, immagini e dati in tempo reale. È determinante l’adozione di modelli di intelligenza artificiale più contenuti (in termini di parametri) ma altamente addestrati su compiti specializzati, con vantaggi in termini di costi e consumi di risorse computazionali. Secondo dati citati nella ricerca, il mercato per le applicazioni AI generative, che include l’utilizzo di “task force AI” e agenti conversazionali avanzati, è destinato a raggiungere investimenti di diversi miliardi di dollari nei prossimi anni, con un tasso di crescita superiore al 40% annuo. Per molte imprese si tratta di un’opportunità tangibile per incrementare l’efficienza nei processi, automatizzare l’assistenza ai clienti e accelerare l’innovazione in settori come la progettazione e la prototipazione.
Le imprese più strutturate riconoscono nella generative AI un facilitatore dell’automazione end-to-end e della creazione di ecosistemi di lavoro ibridi, dove sistemi digitali e operatori umani cooperano in maniera coordinata. Alcune aziende hanno reso pubbliche sperimentazioni per lo sviluppo di agenti multifunzione, detti anche multi-agent systems, in grado di suddividere compiti complessi e collaborare fra loro. Questo comporta scenari in cui, per esempio, un agente specializzato in data analysis dialoga con un agente dedicato all’e-commerce, ottenendo in pochi secondi la definizione di un ordine su un sito di forniture, con verifica di disponibilità e pagamento integrato.
Le prospettive di adozione appaiono significative: secondo l’indagine, oltre la metà delle organizzazioni esaminate (51%) dichiara che entro il 2025 saranno in parte o totalmente operative soluzioni basate su agenti AI in diversi reparti, con priorità nel marketing, nel supporto clienti, nel reclutamento e nelle attività di monitoraggio interno. Non mancano tuttavia barriere di natura organizzativa e tecnologica, legate soprattutto ai costi di implementazione, alla disponibilità di dati di qualità e a problemi di sicurezza e bias dei modelli. Circa il 70% dei dirigenti intervistati sottolinea un forte bisogno di competenze adeguate ad addestrare e manutenere modelli generativi, in modo da ridurre rischi reputazionali e di conformità normativa. Tuttavia, la spinta globale verso la cosiddetta “AI-first enterprise” sembra destinata a mantenersi forte, supportata da soluzioni di fornitura cloud, investimenti in chip ottimizzati per il machine learning e strategie di acquisizione di startup specializzate.
Il tema dell’autonomia operativa rappresenta uno dei punti più delicati per investitori e top manager: è necessaria un’architettura di sicurezza che includa meccanismi di fail-safe e supervisione, affinché l’autonomia degli agenti AI rimanga sotto controllo. Restano da definire standard internazionali che regolino la responsabilità delle decisioni prese da sistemi di apprendimento automatico avanzato. Nonostante tali ostacoli, chi avrà la lungimiranza di integrare soluzioni di AI generativa in modo coerente e trasparente è destinato a guadagnare un vantaggio competitivo di rilievo, in uno scenario dove la rapida elaborazione delle informazioni e l’automazione di compiti complessi rappresentano un valore aggiunto per molte filiere industriali e servizi digitali.
Cybersecurity e AI generativa: nuove difese e rischi emergenti
Un capitolo di primaria rilevanza riguarda l’uso di AI e AI generativa nella cybersecurity, considerato dai dirigenti oggetto della ricerca come il trend più rilevante tra oltre sessanta esaminati. È un dato significativo che il 97% delle organizzazioni abbia segnalato violazioni o problemi di sicurezza correlati all’uso di strumenti AI nel corso dell’ultimo anno. Questi dati emergono in uno scenario caratterizzato dalla crescita vertiginosa delle minacce informatiche, dove gli attaccanti sfruttano funzionalità di generazione automatica di testi e immagini per sferrare campagne di phishing e disinformazione sempre più credibili.
Le imprese rispondono con soluzioni che integrano meccanismi di threat intelligence abilitati da algoritmi di machine learning e sistemi di risposta automatica alle intrusioni. Alcune piattaforme di sicurezza dotate di modelli linguistici generativi sono in grado di simulare, in ambienti isolati, attacchi complessi per studiare come gli aggressori possano penetrare le difese. L’analisi dei log di rete e la correlazione delle anomalie avvengono in modo accelerato, consentendo di distinguere i veri segnali d’allarme dai falsi positivi. Si tratta di un aspetto fondamentale in settori come il bancario, dove le conseguenze di un furto di dati possono essere estremamente gravi. In parallelo, l’indagine mostra che il budget complessivo dedicato alla cybersecurity sta crescendo in modo più rapido di quanto si fosse previsto in passato, arrivando a coprire in media il 12% degli investimenti tecnologici totali.
La ricerca, che ha coinvolto 1.500 dirigenti di grandi organizzazioni (con ricavi annuali superiori al miliardo di dollari) e 500 professionisti del mondo dell’investimento, fa emergere un forte allineamento sulle priorità di difesa. Circa il 78% dei manager considera le strategie basate su intelligenza artificiale e tecniche generative il fulcro delle iniziative future. L’AI, per esempio, può accelerare l’individuazione di vulnerabilità nel software (come backdoor e bug critici) o anticipare schemi di frode analizzando in tempo reale milioni di transazioni. Un ulteriore vantaggio sta nella possibilità di creare dataset sintetici per addestrare i sistemi di rilevamento di minacce, evitando di esporre dati reali in fase di testing.
D’altro canto, lo stesso potenziale dell’AI generativa viene sfruttato da attori malevoli che sviluppano attacchi sofisticati. L’automazione permette infatti di creare e diffondere malware, deepfake vocali o video, e-mail di spear phishing e altri vettori di attacco su larga scala. Ciò che prima richiedeva competenze elevate e tempo per orchestrare un’offensiva informatica, oggi risulta semplificato da strumenti che consentono di generare codice maligno in modo quasi istantaneo. Anche per questo motivo si assiste a una corsa alla regolamentazione: negli Stati Uniti, ad esempio, è stato rafforzato il National Cybersecurity Strategy, mentre in Europa si accelera sul Cyber Resilience Act per imporre standard di sicurezza a dispositivi e software di uso quotidiano. In parallelo, paesi asiatici come Singapore hanno lanciato piani di sicurezza operativa per proteggere le reti industriali.
Nonostante le complessità, appare evidente che l’impiego di analytics potenziati, algoritmi di autoapprendimento e simulazioni di minacce su larga scala sia destinato a crescere. Soprattutto nelle filiere legate alla finanza, alla sanità e all’energia, ogni ritardo nell’implementare difese AI-driven comporta rischi reputazionali e perdite potenzialmente elevate. È cruciale accompagnare la transizione con iniziative di formazione per i team di sicurezza, sempre più chiamati a interpretare un volume enorme di dati in arrivo da sistemi di alert distribuiti e a rispondere con procedure semi-automatizzate.
L’applicazione della crittografia resistente ai futuri computer quantistici rappresenta un altro fronte che sta suscitando interesse, anche se l’adozione di algoritmi post-quantum non ha ancora avuto l’impulso previsto su vasta scala. Le aziende leader, tuttavia, si stanno muovendo per evitare di restare scoperte, consapevoli che i dati sensibili rubati oggi potrebbero essere decifrati in futuro. In sintesi, il panorama dipinto dalla ricerca indica che l’AI e, in particolare, l’AI generativa, costituiscono insieme una linea di difesa e la prossima frontiera di attacco. Per questo le organizzazioni stanno alzando il livello di guardia, potenziando squadre dedicate e avviando collaborazioni con fornitori di sistemi evoluti che integrano strumenti linguistici e meccanismi di decisione automatica.
Robotica avanzata con AI generativa: l’integrazione nei processi industriali
Il terzo filone d’analisi della ricerca riguarda la crescita delle soluzioni di robotica avanzata, incluse le cosiddette piattaforme collaborative (cobot) e i robot umanoidi potenziati da algoritmi di intelligenza artificiale. Già da alcuni anni si osserva un aumento significativo nell’utilizzo di macchine in grado di interagire in sicurezza con operatori umani in vari settori, dalla manifattura all’automotive fino alla logistica e alla sanità. Questi dispositivi, rispetto ai robot tradizionali, possiedono sensori avanzati e software di controllo capaci di apprendere nuove mansioni, adattandosi alle mutevoli condizioni operative.
Il valore di mercato dei cobot, secondo i dati citati nella ricerca, è passato da cifre più contenute a circa 2,3 miliardi di dollari nel 2024 e si stima possa toccare livelli molto superiori entro il 2030. Alcune aziende hanno già registrato incrementi di produttività dal 60% al 200% in specifiche linee di assemblaggio, integrando robot collaborativi che affiancano l’operatore nei compiti più ripetitivi o pericolosi. In questo modo, si limitano i rischi di infortunio, si rendono più efficienti i turni e si mantiene un controllo di qualità costante. Anche i grandi hyperscaler hanno iniziato a investire nella robotica: Microsoft, NVIDIA e altre realtà tecnologiche lavorano alla creazione di motori software che combinano modelli linguistici, modelli di visione artificiale e algoritmi di pianificazione per creare dispositivi capaci di prendere decisioni in autonomia.
Particolarmente rilevante è l'attenzione rivolta ai robot umanoidi, progettati per interagire con l'ambiente in modo più affine al comportamento umano. Sebbene costituiscano ancora una porzione limitata del settore della robotica, questa categoria si colloca tra le aree in più rapida espansione. Il cuore di questa evoluzione risiede nell'integrazione di reti neurali, che permettono il riconoscimento di oggetti e persone, la pianificazione dei movimenti e l'acquisizione di conoscenze utili per affrontare compiti complessi. Le attività di test in corso riguardano applicazioni di accoglienza, manutenzione e persino assistenza in contesti domestici. Tuttavia, la ricerca segnala che la produzione di robot con sembianze umane deve superare diverse criticità, tra cui i costi elevati, la percezione pubblica e l’ottenimento di ROI quantificabili in settori diversi dalla pura sperimentazione.
Molte imprese segnalano di essere ancora allo stadio pilota con progetti di robotica AI-driven. Circa un quarto dei dirigenti intervistati ritiene di voler implementare queste tecnologie in modo parziale o completo entro il 2025, con picchi più alti in settori come il retail (39%) e l’automotive (36%). La giustificazione è duplice: da una parte l’esigenza di migliorare la produttività in contesti industriali che subiscono pressioni competitive elevate, dall’altra la necessità di compensare carenze di manodopera, specialmente in ruoli pesanti o ripetitivi. Tuttavia, rimangono ostacoli di natura economica e culturale: il 65% dei responsabili del dominio industriale afferma di non disporre ancora di budget adeguato a un’implementazione su ampia scala. A questi fattori si sommano le resistenze sindacali o i timori riguardo all’impatto occupazionale, anche se vari studi mostrano che i robot tendenzialmente sostituiscono mansioni non qualificate lasciando spazio a un upskilling della forza lavoro.
Un ulteriore elemento evidenziato riguarda gli ambienti industriali, caratterizzati da superfici metalliche e strutture chiuse che ostacolano la connettività di rete wireless indispensabile per il funzionamento dei robot basati su AI, compromettendo la continuità del flusso di dati tra sensori e piattaforme di controllo. Di conseguenza, l'adozione della robotica avanzata richiede frequentemente interventi infrastrutturali, come l'implementazione di reti 5G o l'integrazione di soluzioni edge computing. A livello di investimento, emergono forme di collaborazione tra aziende di produzione e fondi specializzati che scommettono sull’automazione. Questo fenomeno, in prospettiva, potrebbe ridisegnare la mappa competitiva, accelerando l’adozione di macchine capaci di agire in modo sempre più flessibile e autonomo, in settori che spaziano dalla catena logistica fino al settore medicale. Il panorama che si delinea per il 2025 vede quindi una sinergia crescente fra software di intelligenza artificiale, sensoristica, cloud e robotica, con margini di crescita importanti soprattutto per chi saprà integrare coerentemente questi tasselli in un unico ecosistema produttivo.
Energia nucleare e AI: risposte alla crescente richiesta energetica
Uno dei risultati più sorprendenti della ricerca riguarda l’impennata di interesse verso il nucleare come fonte di energia pulita e controllabile, alimentata dall’esigenza di supportare la crescita esponenziale di sistemi AI e data center. Da tempo si discuteva della necessità di fonti di energia stabili, prive di emissioni di carbonio, per sostenere la transizione ecologica e l’espansione di tecnologie assetate di potenza di calcolo. Secondo stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica citate nello studio, la capacità nucleare globale potrebbe passare dagli attuali 372 GW fino a valori compresi fra 514 e 950 GW entro la metà del decennio, sebbene vi siano ancora molte incertezze su tempi e piani realizzativi.
Da alcuni anni l’energia nucleare aveva perso slancio, passando dal 18% di copertura della produzione elettrica mondiale a circa il 9% attuale. Ora, però, i crescenti vincoli di sostenibilità e la richiesta di alimentare in modo continuo server farm e sistemi di calcolo stanno spingendo investimenti nel nucleare di nuova generazione. Importanti aziende digitali come Microsoft, Google, Meta e Amazon hanno dichiarato di aver stipulato accordi o contratti a lungo termine per alimentare i propri data center con energia elettrica proveniente da fonti nucleari, che in alcuni casi saranno riattivate o modernizzate per rispondere alle esigenze attuali. Un segnale ancora più evidente è l’interesse per i reattori nucleari modulari di piccola taglia, Small Modular Reactors (SMR), che offrono vantaggi in termini di costi e tempi di costruzione, grazie a soluzioni prefabbricate. Questo potrebbe cambiare il paradigma della generazione nucleare, consentendo di portare energia direttamente in prossimità di aree industriali o distretti digitali bisognosi di forniture affidabili.
Benché non si possa parlare di adozione pienamente capillare nel 2025, la ricerca rileva che numerose nazioni, da Polonia a Ghana e Filippine, stanno avviando iter di politica energetica che contemplano l’opzione nucleare come pilastro per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. D’altro canto, la tecnologia SMR non è esente da sfide: occorre sviluppare una filiera di componenti e stabilire procedure di licenza armonizzate. Il problema della accettazione pubblica e le questioni di stoccaggio delle scorie continuano a richiedere piani chiari. Nello scenario analizzato, si prevede che la domanda energetica mondiale crescerà almeno del 30% nei prossimi decenni, e l’uso di sole fonti intermittenti – come il solare e l’eolico – rischia di non assicurare stabilità di rete. In tal senso, l’energia nucleare, già ampiamente utilizzata in alcuni Paesi, diventa una risorsa su cui puntare.
Nell’ultimo anno, i colossi finanziari hanno mosso passi decisivi: alcune tra le più grandi banche e fondi di investimento internazionali hanno aderito a un’iniziativa mirata a triplicare la capacità nucleare globale entro il 2050, sottolineando che le tecnologie SMR, se ben implementate, possono ridurre i tempi di realizzazione e l’esposizione finanziaria rispetto ai reattori tradizionali di grossa taglia. Rimane aperto il dibattito su quando i progetti annunciati riusciranno a ottenere le autorizzazioni e a passare dallo stadio di pianificazione a quello operativo. Resta anche da verificare se i colossi del web, che pure stanno firmando contratti a lungo termine, investiranno direttamente nella realizzazione di questi impianti oppure si limiteranno a siglare partnership per l’acquisto dell’energia. A ogni modo, lo scenario 2025 tracciato dalla ricerca evidenzia un ritorno dell’opzione nucleare nella visione strategica delle grandi aziende, alla ricerca di fonti di energia costanti e con un’impronta carbonica ridotta.
Supply chain del futuro: sostenibilità, agilità e AI generativa
Il quinto pilastro riguarda l’evoluzione delle supply chain in chiave più verde, reattiva e capace di sfruttare l’intelligenza artificiale in modo integrato. I recenti sconvolgimenti geopolitici e la complessità dei mercati hanno evidenziato la fragilità di catene produttive e distributive troppo concentrate su singole aree geografiche. Numerose aziende, come evidenziato dallo studio, hanno iniziato a implementare strategie di nearshoring e friend-shoring. Il nearshoring consiste nel trasferire la produzione o i servizi in paesi vicini al proprio mercato principale, mentre il friend-shoring prevede il coinvolgimento di fornitori situati in nazioni considerate politicamente e economicamente affidabili. Questi approcci mirano a ridurre i rischi e a diversificare i fornitori per prevenire potenziali disagi futuri.
Più del 70% dei dirigenti che operano nell'ambito industriale e ingegneristico considera questa trasformazione una priorità. Questi professionisti sottolineano inoltre l'importanza crescente di requisiti quali trasparenza, tracciabilità delle filiere produttive e ridotto impatto ambientale, evidenziando come tali aspetti siano centrali per le strategie aziendali.
La tecnologia svolge un ruolo chiave: in primo luogo, l’AI consente di prevedere la domanda, ottimizzare la pianificazione della produzione e individuare in anticipo colli di bottiglia. In secondo luogo, blockchain e Internet of Things permettono di monitorare in tempo reale la posizione e lo stato delle merci, garantendo condizioni di trasporto ottimali e riducendo gli sprechi. Alcune multinazionali del retail stanno sperimentando magazzini automatizzati, con robot di picking e sistemi di smistamento che comunicano con piattaforme di orchestrazione dell’inventario. Questa convergenza tra robotica, AI e connettività a bassa latenza produce effetti tangibili, come cicli di consegna più rapidi e una riduzione del 25% delle rotture di stock, stando ai risultati ottenuti in alcuni impianti pilota.
La spinta normativa europea verso i digital product passports – che includono la tracciabilità di emissioni e componenti – evidenzia come la sostenibilità non sia solo una scelta volontaria ma si stia trasformando in un obbligo regolamentare. Dal 2027, ad esempio, sarà obbligatorio adottare un passaporto digitale per le batterie nell’Unione Europea, con informazioni su composizione, provenienza dei materiali e metodologie di smaltimento. Il settore automobilistico e quello dell’elettronica di consumo guardano a questi requisiti come opportunità per migliorare la reputazione del brand e per rispondere alle richieste di clienti sempre più sensibili alle tematiche ambientali. Nella cosiddetta next-generation supply chain, l’attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale si fonde con la ricerca di flessibilità e reattività: è fondamentale disporre di analisi in tempo reale e capacità di simulare scenari multipli per decidere in anticipo eventuali riallocazioni logistiche.
Nonostante il forte interesse, solo il 3% delle aziende del campione si aspetta di avere una piena adozione di supply chain AI-assisted e processi sostenibili entro il 2025. Molte si trovano in fase di sperimentazione, con progetti pilota per testare la precisione delle previsioni di domanda o per implementare processi di trasporto più sostenibili. Fra le barriere riscontrate, le imprese citano i costi di adattamento delle infrastrutture, la difficoltà a sincronizzare i flussi di dati con partner esterni e l’assenza di competenze specialistiche. Di contro, l’adozione di nuovi modelli operativi viene incoraggiata dalla volontà di non subire più gli shock sperimentati negli ultimi anni, come la mancanza di componenti essenziali, i ritardi doganali e l’impennata dei costi di spedizione. In vari ambiti, dalle telecomunicazioni alla grande distribuzione, si osservano iniziative che coinvolgono reti di fornitori dislocati in più regioni, con sistemi software in grado di valutare in tempo reale la saturazione di un polo logistico e instradare i carichi verso depositi meno congestionati.
A completare il quadro, emergono partnership fra colossi tecnologici e settori manifatturieri per sviluppare soluzioni su misura, capaci di orchestrare trasporti multimodali con un occhio alla carbon footprint. Tutto ciò rafforza l’idea che le supply chain del futuro, data la crescente complessità, dovranno appoggiarsi su piattaforme di analytics e ottimizzazione. Emerge un cambiamento culturale: il passaggio da una visione di catena produttiva lineare a una prospettiva “reticolare”, nella quale imprese, partner, operatori logistici e clienti sono nodi interconnessi che condividono dati e obiettivi comuni. È in questo incrocio fra sostenibilità, responsabilità sociale e flessibilità operativa che si colloca il valore delle supply chain di nuova generazione, un’evoluzione che potrà favorire una più armonica gestione delle risorse e un minore impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita di un prodotto.
AI generativa e trasformazione industriale: Conclusioni
La panoramica delineata dalla ricerca suggerisce che l’intelligenza artificiale, in particolare nelle forme generative e autonome, fungerà da motore di trasformazione per numerosi settori, dalle difese digitali all’ottimizzazione logistica. Si assiste, nel 2025, a un’accelerazione di investimenti in piattaforme di AI e robotica, mentre la necessità di alimentare infrastrutture energivore spinge verso un rinnovato interesse nel nucleare. Tutto ciò non rappresenta necessariamente un balzo repentino rispetto alle tecnologie già note: risulta più una convergenza di fattori competitivi, responsabilità ambientali e disponibilità di strumenti computazionali maturi.
Per imprenditori e dirigenti aziendali, questa evoluzione sottolinea l’importanza di guardare oltre le singole soluzioni tecnologiche, abbracciando l’integrazione tra AI generativa, sicurezza informatica, robotica e filiere resilienti. La presenza di soluzioni alternative nel mercato – ad esempio altre fonti di energia o metodologie di automazione – evidenzia che non esiste una strada unica e che conviene valutare con attenzione le prestazioni, i costi e i rischi di ogni tecnologia. Nel nucleare, per esempio, chi considera gli SMR un’opzione concreta deve calcolarne bene l’impatto, confrontandolo con investimenti in rinnovabili o in progetti di stoccaggio energetico. Sul fronte della robotica o della supply chain, è indispensabile considerare i possibili ritorni su scala internazionale, la regolamentazione dei dati e la collaborazione con soggetti esterni, compresi start-up e venture capital.
L’analisi delle implicazioni strategiche per le imprese spinge a un approccio proattivo ma equilibrato, che combini valutazioni sul ciclo di vita di prodotti e infrastrutture con la consapevolezza dei trend regolatori che si stanno moltiplicando. L’AI, così come la robotica e il nucleare, pone questioni etiche e di responsabilità. Nel campo della sicurezza informatica, l’aumento di potenza e di strumenti generativi rende il conflitto tra attaccanti e difensori un processo di escalation continua, in cui chi rallenta rischia di subire danni consistenti. Le tecnologie concorrenti non sono ferme: in ambito robotico esistono sistemi basati su soluzioni differenti dall’AI generativa, e sul piano energetico possono emergere reattori modulari alternativi, o progetti di fusione che mirano a fornire energia pulita senza scorie di lungo periodo.
Tutto ciò apre prospettive non banali: da una parte, l’innovazione corre veloce e potrebbe risolvere problemi fino a ieri insormontabili; dall’altra, occorre che manager e decisori valutino con lucidità i veri benefici, tenendo conto dei rischi di lock-in tecnologico, delle dipendenze infrastrutturali e dell’effettiva sostenibilità su larga scala. La fusione tra AI, sicurezza e supply chain più green potrebbe inoltre favorire la nascita di nuovi modelli di business, sostenuti dai capitali dei fondi di investimento che riconoscono nelle tecnologie emergenti un catalizzatore di crescita. In un orizzonte di medio-lungo periodo, la sfida si gioca sull’equilibrio tra opportunità e responsabilità, senza enfasi eccessiva sui vantaggi immediati, ma con una visione strategica che guardi al benessere complessivo dell’ecosistema produttivo e sociale.
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