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Large Concept Model (LCM): un nuovo paradigma per il ragionamento semantico nell’AI su larga scala

Immagine del redattore: Andrea ViliottiAndrea Viliotti

“Large Concept Models: Language Modelingina Sentence Representation Space” di TheLCMteam, Loïc Barrault, Paul-Ambroise Duquenne, Maha Elbayad, Artyom Kozhevnikov, con il coinvolgimento di FAIR at Meta e INRAI, affronta l’idea di modellare il linguaggio a livello di concetti anziché di singoli token. La ricerca mira a esplorare strategie di modellazione semantica astratta, indipendente dalla lingua e potenzialmente multimodale, studiando un’architettura nota come Large Concept Model (LCM) e valutandone la capacità di predire intere frasi in uno spazio di rappresentazione ad alta dimensionalità invece di singoli token. Queste indagini si collocano nel più ampio panorama dell’evoluzione degli LLMs, mettendo in discussione paradigmi finora consolidati.

Large Concept Model (LCM)
Large Concept Model (LCM)

Token vs Concetti: il ruolo del Large Concept Model (LCM)

La ricerca si concentra sul passaggio da modelli che predicono singoli token a modelli in grado di gestire intere frasi come entità semantiche, definite concetti. In un Large Concept Model la frase diventa un blocco fondamentale, una sorta di unità semantica compatta, rendendo possibile un ragionamento che supera il livello dei singoli termini. Per far comprendere questo approccio, si immagini un tradizionale LLM che predice parola per parola: è un po’ come descrivere una scena procedendo pixel per pixel su un’immagine digitale. Ora pensiamo invece di saltare da un livello granulare minimo a un livello più ampio: non più singole parole, ma intere frasi come unità. Così facendo, il modello opera in uno spazio astratto, organizzato secondo dimensioni concettuali più ampie, e le frasi vengono rappresentate come punti in uno spazio continuo. Questo permette di maneggiare idee o azioni di elevato livello astratto, un aspetto che, potenzialmente, potrebbe portare a un linguaggio più coerente e strutturato. A differenza dei token, dove il significato viene ricostruito passo dopo passo, l’uso di frasi come concetti riduce la complessità di generazione su scale molto lunghe, poiché il modello ragiona a blocchi semantici complessi.


Ad esempio, nell’espandere una breve sintesi in un testo dettagliato, agire a livello di frase potrebbe consentire un mantenimento più coerente del filo logico, minimizzando la dispersione informativa. In precedenti approcci, un intero paragrafo doveva essere costruito token dopo token, moltiplicando il rischio di generare errori di coerenza. Nel caso dei concetti, la generazione potrebbe teoricamente procedere per “idee” chiave. L’importante diventa allora definire uno spazio semantico solido e stabile, dove le frasi non siano semplici coordinate sparse, ma nodi fortemente organizzati in base a significati profondi.

 

SONAR e Large Concept Model (LCM): un atlante semantico universale

Il lavoro presentato utilizza SONAR, uno spazio di embedding di frasi che riesce ad abbracciare fino a 200 lingue e anche il parlato, ponendo le fondamenta per approcci multilingue e multimodali. Questo è cruciale: un Large Concept Model basato su SONAR può in teoria ragionare su input provenienti da testi inglesi, francesi o da altre centinaia di idiomi, e perfino da sequenze di parlato. L’idea è quella di accedere a un unico spazio semantico in grado di rappresentare frasi simili in molte lingue, allargando la capacità di generalizzazione del modello.


Per esempio, pensiamo a uno scenario in cui si ha un documento in inglese e un riassunto richiesto in spagnolo: un LCM che operi su SONAR potrebbe potenzialmente utilizzare la stessa sequenza di concetti senza dover riadattare l’intero ragionamento. La stabilità del modello dipende dalla qualità della rappresentazione e SONAR, pre-addestrato su compiti di traduzione e dotato di un’elevata copertura linguistica, permette di trattare frasi come entità condivise fra lingue diverse. È un po’ come avere un atlante semantico universale: a partire dalla stessa mappa, si possono navigare mari di testi differenti senza perdere la rotta.


Questo approccio, sebbene affascinante, richiede attenzione: le frasi negli spazi a embedding continuo possono rivelarsi fragili se leggermente perturbate, talvolta dando luogo a decodifiche con errori. Per ridurre i rischi associati, i ricercatori adottano tecniche come la diffusione (diffusion) e la quantizzazione, esplorando diverse strategie per rendere la rappresentazione più stabile e affidabile. La diffusione si riferisce a un metodo che distribuisce le informazioni in modo graduale, migliorando la coerenza dei dati. La quantizzazione, invece, consiste nel suddividere le frasi in “unità discrete”, cioè segmenti ben definiti, che garantiscono una maggiore resistenza a lievi errori o imprecisioni.

 

Diffusione e quantizzazione nel Large Concept Model (LCM)

La sperimentazione della ricerca analizza diversi approcci per predire la frase successiva nello spazio semantico. Si valuta un modello lineare basato sulla Minimizzazione dell’Errore Quadratico Medio (MSE), che però non si è rivelato sufficiente nel catturare la multiformità di significato a livello di frase. I ricercatori studiano poi approcci basati su modelli di diffusione, già impiegati nell’elaborazione di immagini. L’idea è di pensare allo spazio delle frasi come un continuo dove una frase target può essere vista come un punto da raggiungere. La diffusione tenta di modellare la distribuzione probabilistica di questi punti, consentendo potenzialmente di mostrare un insieme più ricco di possibili frasi coerenti, riducendo problemi di “media” semantica. Se generare la frase passo-passo tramite token è come ricostruire un puzzle pezzo per pezzo, il metodo a diffusione cerca di sintetizzare la frase come un tutto coerente, partendo da una forma rumorosa verso una struttura riconoscibile. Parallelamente, l’approccio di quantizzazione cerca di ricondurre la complessità continua a unità discrete, rendendo l’operazione di generazione più simile al campionamento di indizi semantici discretizzati. Per mostrare l’efficacia di tali strategie, si considerino ad esempio le prestazioni su compiti come il riassunto o l’espansione testuale: i modelli a diffusione, sebbene non ancora equiparabili agli LLM più maturi, hanno mostrato capacità di astrazione interessanti. Il progetto ha presentato inoltre due architetture distinte, One-Tower e Two-Tower, che differiscono nella modalità con cui il contesto e la frase rumorosa vengono gestiti. La metodologia Two-Tower permette di distinguere il processo di contestualizzazione dalla fase di rimozione del rumore, garantendo una struttura più modulare. Lo scopo principale è migliorare la stabilità e analizzare un'ampia gamma di compromessi tra qualità, capacità di generalizzazione e costi legati alle risorse computazionali.

 

Generalizzazione zero-shot e contesti lunghi con Large Concept Model (LCM)

Un elemento di grande importanza nel Large Concept Model (LCM) basato su SONAR è la sua abilità di estendere la generalizzazione in modalità zero-shot, ovvero senza necessità di un addestramento specifico, verso lingue non incluse nel processo di apprendimento iniziale e su sequenze testuali di ampia estensione. Proviamo a immaginare di avere un testo lunghissimo e di chiedere al modello di riassumerne una parte in una lingua diversa da quella originale: l’LCM, operando su concetti, può sfruttare la natura multilingue di SONAR senza necessitare di un’ulteriore messa a punto.


Questa prospettiva offre una scalabilità notevole, riducendo la complessità nel trattamento di contesti di grandi dimensioni. Ad esempio, un modello tradizionale che deve ragionare su migliaia di token affronta costi computazionali molto elevati a causa del costo quadratico dell’attenzione. Con un LCM che opera su sequenze di frasi si può ridurre enormemente la lunghezza della sequenza, semplificando la gestione di contesti estesi. Inoltre, si sperimenta la possibilità di pianificare strutture gerarchiche, andando oltre la singola frase per considerare piani generali di contenuto. Attraverso procedure come “outline”, che consiste nel creare una struttura schematica o un elenco organizzato di punti chiave, e “summary expansion”, ovvero l'espansione di un riassunto per arricchirlo con dettagli e approfondimenti, il modello è in grado di delineare un flusso narrativo coerente anche su testi di grande estensione.


Un'applicazione pratica potrebbe consistere nella creazione di presentazioni articolate a partire da semplici elenchi di concetti chiave. Sebbene non si possa ancora considerare un risultato pienamente consolidato, le prime evidenze sperimentali indicano che la capacità di elaborare unità semantiche di livello elevato potrebbe favorire la produzione di testi più coerenti e strutturati.

 

Limiti e potenzialità del Large Concept Model (LCM)

Il passaggio dal livello token a quello concettuale apre prospettive interessanti, ma non è privo di ostacoli. È chiaro che definire uno spazio semantico stabile, dove i concetti siano entità coese, è difficile. I risultati mostrano che, sebbene i modelli a diffusione nel dominio testuale non abbiano ancora raggiunto la fluidità e la precisione dei più noti LLM, sono emerse qualità come la minore dipendenza dalla lingua, la possibilità di generalizzazione zero-shot e la promozione di approcci più modulari. Inoltre, l’idea di una pianificazione semantica a livelli superiori, come quella di interi paragrafi o persino sezioni, potrebbe diventare una strategia chiave: prevedere uno schema strutturale da dare in pasto al modello garantirebbe maggiore coerenza narrativa e minore perdita di senso.


Tuttavia, rimangono sfide: la fragilità nella rappresentazione, la discrepanza tra spazio continuo e natura combinatoria del linguaggio, la necessità di migliorare la robustezza della decodifica. Anche la progettazione di spazi di embedding più adatti alla generazione di frasi è una questione aperta. In un mondo in cui i modelli token-based dominano, il concetto di passare a unità semantiche più ampie richiede un cambio di paradigma. La traiettoria indicata dalla ricerca suggerisce che, integrando nuovi spazi di rappresentazione e approcci di modellazione probabilistica, si potrebbe ottenere una generazione testuale più coerente, cross-lingua e facilmente scalabile. Per le aziende, ciò potrebbe significare strumenti più efficienti per elaborazioni testuali multilingua ad ampio spettro, con potenziale riduzione di costi e complessità. Rimane da vedere se l’affinamento di queste tecniche potrà davvero portare a modelli più resistenti, capaci di gestire la complessità semantica in modo più naturale rispetto agli approcci tradizionali.

 

Conclusioni

Le riflessioni emerse mostrano che l’approccio LCM, benché ancora lontano dalle prestazioni degli LLM convenzionali, offre uno spunto di pensiero strategico, soprattutto se consideriamo i limiti crescenti del semplice scaling token-based. Con il tempo, l’evoluzione di spazi concettuali più adatti, in combinazione con la diffusione, la quantizzazione e l’integrazione di livelli di astrazione multipli, potrebbe consentire alle aziende di disporre di modelli che non siano vincolati a singole lingue o modalità e che possano affrontare testi ampi con maggiore efficienza. L’idea di operare su unità semantiche più ampie suggerisce inoltre un terreno fertile di sperimentazione, in cui la scelta di tali unità, la loro robustezza e l’organizzazione concettuale saranno temi centrali. Contrariamente allo scenario attuale in cui l’eccellenza è definita dalla capacità di prevedere i token successivi, le tecniche discusse inaugurano l’opportunità di misurare il progresso in termini di chiarezza globale, coerenza multi-paragrafo e capacità di manipolare la conoscenza attraverso concetti più astratti.

 

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